Verlaine

Nato il 30 Marzo 1844 in una famiglia agiata della piccola borghesia provinciale di Metz, trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Parigi. Il padre, Nicolas, è ufficiale e presto andrà in pensione per amministrare la sua rendita. La madre, Elisa Dehée, di 14 anni più giovane del marito, è una solida donna di casa, assai concreta, dal carattere un po’ cedevole, e con piccole manie. E’ stata a lungo ossessionata dall’idea di non avere bambini, a tal punto che conservava sotto spirito, nella camera da letto, i feti di tre aborti consecutivi avvenuti prima della nascita di Paul.

In famiglia vive anche Elisa Moncomble, la cugina di Paul e il suo primo grande amore. L’infanzia del poeta è serena, spensierata, confortata da affetti esclusivi.

Frequenta il liceo Bonaparte di Parigi, non è uno studente esemplare, ma neppure quel poco di buono che si compiace di descrivere nelle sue memorie. Preferisce gli studi di letteratura. Si diploma nel 1862-1863. Nel 1864 frequenta salotti ed entra in contatto con l’ambiente parnassiano.
Si rivelarono in quegli anni alcuni tratti della sua complessa personalità, manifestando una sorta di dualismo che lo spinse ora verso delicate effusioni del sentimento, ora verso improvvise brutalità. Nei Poèmes saturniens (Poemi saturnini, 1866), ad esempio, è evidente l’influsso “maledetto” di Baudelaire, mentre nelle Fêtes galantes (Feste galanti, 1869) traspare una delicatezza quasi settecentesca, ispirata ai quadri di Watteau, pervasa da un’inquietudine decadente.
Il matrimonio con Mathilde Mauté de Fleurville, combinato dalla madre nel tentativo di sottrarlo alla “bohème”, gli ispirò i versi di La bonne chanson (1870) nella quale cantò, illuso, l’equilibrio e la pace raggiunti con l’amore e il matrimonio.
Tuttavia il matrimonio non durò, minato dagli eccessi del poeta e infine travolto dalla sua tormentata relazione con il giovane poeta Rimbaud.
La tempestosa relazione con Rimbaud si concluse tre anni dopo in Belgio con il colpo di pistola che Verlaine sparò al giovane poeta quando questi decise di rompere il legame.
Le conseguenze non furono tragiche, ma Verlaine venne incarcerato a Bruxelles e successivamente a Mons.
Queste circostanze contribuirono a una profonda crisi religiosa espressa dall’autore in Romances sans paroles (Romanze senza parole, 1874).
Scontata la pena insegnò per qualche anno all’estero e diventò agricoltore manifestando pentimento e buoni propositi (Sagesse – Saggezza, 1881).
Ricadde tuttavia in disordini di ogni tipo, cedendo anche all’alcoolismo.
Ritornato a Parigi divenne figura di primo piano del nascente decadentismo e del pre-simbolismo.
Tornò a Parigi, dove la raccolta Sagesse gli stava procurando fama e un posto di rilievo nel dibattito culturale di fine secolo. Collaborò a varie riviste; nell’importante raccolta di saggi e articoli.
Nel 1884 pubblicò la raccolta di saggi Les poètes maudits (I poeti maledetti) in cui esaltò i poeti oscuri e irregolari, decisi a confinarsi tra rivolta ed emarginazione: Rimbaud, Mallarmé, Corbière, Villiers de l’Isle-Adam e se stesso (dietro l’anagramma di Pauvre Lelian), e una serie di poesie in cui si alternano la vena religiosa (Liturgies intimes – Liturgie intime, 1892; Elégies – Elegìe, 1893) e quella crudamente erotica (Parallèlement – Parallelamente, 1889; Chair – Carne, 1896); versi squisitamente spirituali (Bonheur – Felicità, 1891) e versi diabolicamente ambigui (Chansons pour elle – Canzoni per lei, 1891).

Nel 1885 – La sentenza di separazione da Mathilde si trasforma in divorzio. Torna ad abbrutirsi con l’alcool. Tenta di strangolare sua madre, che morirà poco dopo, e torna per un breve tempo in prigione. 1886/1896. L’ultimo decennio della sua vita è il più triste e il più squallido. Vive in completa indigenza a causa dell’avidità con cui le prostitute che frequenta gli dilapidano i non più scarsi proventi della sua attività letteraria. La sua salute è assai debole e lo costringe a frequenti soggiorni in ospedale. Ottiene una pensione di stato, di 150 franchi mensili. Ma le sue condizioni di salute si aggravano per il persistente vizio del bere: Paul-Marie Verlaine muore l’8 gennaio del 1896, alle sette di sera, dopo essersi confessato.
Preludendo a certe tendenze del simbolismo, Verlaine lavorò sulla musicalità del linguaggio, cercando di evocare invece che descrivere, di tradurre le sensazioni in puro suono, di dissolvere la realtà in una sensibilità morbosa e suggestivamente sfocata, in un respiro febbrile e vibrante.

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